Al centro del paese, nella piazza dove convergono tutte le vie del borgo antico, sorge la Basilica di Santa Maria Assunta e San Sigismondo.
Agli inizi del '900 mons. Agostino Desirelli, parroco di Rivolta d'Adda, diede l'incarico all'arch. Cesare Nava di restaurare la chiesa, a quel tempo in stile barocco e neoclassico, affinché venisse riportata alla sua originaria architettura romanica.
I lavori, compresa la costruzione del pronao del 1906, durarono circa un decennio e restituirono all'antico splendore un monumento che gli studiosi considerano un esempio tra i più significativi e interessanti dell'arte lombarda del medioevo.
Sui due lati la basilica presenta dei contrafforti tipici delle chiese romaniche e realizzati parte in ceppo e parte in "opus spicatum".
Di sicuro interesse per il visitatore è, all'esterno della chiesa, l'abside maggiore. Le finestre strombate, gli archetti, il tetto a ventaglio creano un alternarsi di linee chiare e di solchi oscuri e grigi. Verso l'alto la semicircolarità della costruzione è coronata dall'agile disegno della loggetta fino al ricamo conclusivo degli archetti pensili bordati da un'elegante dentellatura.
Qui siamo di fronte a un'abside di rara bellezza che, insieme agli altri elementi sopra descritti, rendono la basilica di Rivolta d'Adda un monumento tra i più straordinari dell'arte romanica lombarda.
La chiesa dell'Immacolata Concezione si trova nella piazza Vittorio Emanuele di fronte alla basilica romanica, venne costruita verso la fine del XV secolo, come testimoniano due mattoni incisi con le date 1497 e 1499 rispettivamente sulla facciata e sulla porta laterale.
La facciata, in mattoni e corsi di ciottoli, è a capanna, tipico esempio della trazione architettonica lombarda ed è coronata da un'elegante decorazione in cotto di archetti pensili trilobati.
Il lato nord della chiesa è caratterizzato dalla presenza di contrafforti e da una piccola abside, sovrastata dal campanile e dal tiburio di forma ottagonale, che ingloba la cupola ovoidale, aggiunto nel XVII secolo in occasione del rifacimento del presbiterio.
All'interno l'oratorio ha una sola navata coperta da una grande volta a botte divisa in due campate. Sulle pareti laterali, in prossimità dell'altare maggiore, si aprono due cappelle laterali.
Nel presbitero è collocato l'altare maggiore, importante manufatto in marmi policromi realizzato all'inizio del XVIII su disegno di Andrea Fantoni.
L'elemento che rende unico questo oratorio è sicuramente la decorazione pittorica della navata centrale. Decorazione a fresco realizzata nel 1506 e che ricopre interamente la volta con 104 tondi da cui si affacciano Sibille e Profeti e la serie di riquadri con le Storie della Vergine.
I pittori all'opera sono due artisti lodigiani: Giovan Pietro Carioni e Martino Piazza. Quest'ultimo fu uno dei primi allievi di Leonardo a Milano e mise in pratica gli insegnamenti del Maestro proprio nella volta rivoltana rendendola un prezioso incunabolo di pittura rinascimentale lombarda.
E' una basilica ripartita in tre navate quella centrale è divisa in tre campate, due coperte con volte a crociera poggianti su archi diagonali di ceppo, la terza con volta a botte, essa sorretta nel mezzo da un arco in pietra.
Le navate minori sono divise ciascuna in sei campate coperte da volte a crociera e terminano con tre absidi con volta a catino. I pilastri che dividono le navate sono di dimensioni diverse. I maggiori sono di pianta cruciforme con delle colonnine addossate agli angoli; quelli più piccoli hanno la forma di un pilastro quadrato con addossate quattro mezze colonne.
Tutti i piloni ed anche i mezzi piloni lungo le pareti sono interamente in ceppo così come i capitelli di tutti i pilastri, gli archi e i contrafforti esterni.
Le murature sono costruite, per la quasi totalità, con il sistema tradizionale lombardo, cioè del mattone messo a spina di pesce, "l'opus spicatum" dei Romani.
E' un'imponente opera del XVIII secolo come ricorda l'iscrizione dietro di esso "la pietà dei Rivoltani eresse nell'anno 1761 e completò nell'anno 1765". E' un monumento di pregevole fattura composto da un corpo centrale in marmi policromi e da un tempietto che sovrasta il tabernacolo formato da colonne che compongono un ricco baldacchino con angeli in adorazione e, in cima, due angeli che portano la croce.
Costruito nel 1865 da Natale Balbiani, utilizzò buona parte delle canne di uno strumento già esistende rinnovandone però la cassa e i registri.
Agli inizi del 1900 Pacifico Inzoli "organaro di grande levatura", rifece le casse, cambiò le vecchie canne di facciata in stagno con nuove in zinco, sistemandole su un somiere pneumatico e sostituì alcuni registri.
L'ultimo intervento di pulitura risale al 1975.
"Nastri, fiori, fogliame, bestie, sirene si intrecciano in ornati capricciosi, disponendosi in maniere sempre nuove e associandosi in un effetto generale che ha veramente del grandioso. Qui v'è un fascio di aquile che allargandosi nelle ali e stando ritte sugli acuti unghioni, girano in vaga ghirlanda attorno a un capitello: là un listello filigranato si svolge in dolcissimi meandri, stringendosi poi in mille nodi e aggrovigliandosi in bizzarrissime figurazioni.
Da una colonna si sviluppa un fogliame robusto. […]
Da una parte s'aggruppano, lottano, s'accapigliano, si addentano, si schiacciano animali di tutte le specie anche di quelle che in realtà non ci sono né furono mai; dall'altra parte il ceppo si plasma in stelle, in croci, fiorisce in rose, s'allieta di grappoli d'uva, tutto legando e stringendo con leggere cordonature che si rincorrono e sfumano e ritornano e pompeggiano appena trovano un posto ove con larghezza possono distendersi."
Nell'arco maggiore dell'abside, diviso in tre parti, i motivi della decorazione in pietra trovano il loro riepilogo. Fra ornati graziosi si arrampicano animali di ogni tipo: draghi, centauri, agnelli, capre, buoi,leoni, cinghiali, pellicani, colombe ma anche uomini , cavalieri e domatori di cavalli convergono e tributano onore all'agnello ucciso sormontato dalla croce, cinto dal simbolico circolo e sostenuto da angeli. Questo fregio e il resto delle sculture in origine erano colorati.
Ogni scultura racchiude un significato che risale alla cultura medioevale fondata sul dualismo tra il Bene e il Male, la Grazia e il Peccato, La Vita e la Morte, il Corpo e l'Anima.
Le aquile, gli uccelli, gli agnelli, i cervi sono l'espressione del Bene mentre l'aggressività di certi animali e la bruttezza di alcuni mostri simboleggiano il male e la forza sleale.
La principale fonte di ispirazione dell'artista romanico è sicuramente la Bibbia ma non dobbiamo dimenticare che anche i modelli dell'antica civiltà "pagana" influenzarono i lavori di quegli anonimi scultori. I capitelli a foglie d'acanto sono infatti ispirati dai capitelli corinzi. L'arte cristiana ha però rivestito di nuovi significati gli elementi di quella pagana. La vigna, per esempio, che simboleggiava la fine della vita, nell'arte cristiana rappresenta la mistica vite cioè la Chiesa. L'uva è anche il simbolo dell'Eucarestia. Le aquile con le ali spiegate stanno a significare il credente in preghiera e l'anima umana che si eleva a Dio.
Quando si diede inizio ai restauri si scoprì che per consentire la quadratura delle sovrastrutture barocche e neoclassiche alcuni elementi delle sculture dei capitelli e delle volte erano stati rovinati. Si pensò allora di ricostruire, con gli stessi materiali , le parti mancanti. I lavori vennero affidati a Giuseppe Varischi, scalpellino di Cassano d'Adda, che eseguì i lavori con tale capacità creativa tanto che diventa difficile, per un occhio non esperto, distinguere a vista le sculture ritrovate intatte da quelle ritoccate o rifatte.
Nella basilica le più antiche pitture sembrano risalire a prima del '200 o del '300. Durante i restauri del 1903 sono ritornate alla luce figure che per secoli erano state nascoste sotto gli stucchi e la calce. Entrando dall'ingresso principale sui pilastri di destra sono affrescate le immagini di San Bernardino da Siena, San Rocco, San Leonardo di Limoges protettore dei contadini e dei carcerati, Sant'Atanasio benedicente con la mitra gemmata, il pallio e i paramenti sacri, San Benedetto e altre parti di affreschi messi in luce nel 1992.
Nella terza campata di destra sono ben visibili una Madonna con il Bambino e San Sigismondo Re. Nella terza campata a sinistra sono affrescati un Sant'Antonio Abate insieme a un San Cristoforo che ha sulle spalle il Bambino presso la riva di un fiume.
Nel catino dell'abside a destra dell'altare maggiore vi è l'immagine del Cristo Pantocreatore seduto in trono e circondato dalla mistica mandorla ai quattro lati della quale compaiono i simboli degli evangelisti: in alto l'aquila e l'angelo (Giovanni e Matteo), in basso il vitello e il leone (Luca e Marco). L'affresco, da una parte, è completato da una Santa inginocchiata e con le mani sul petto vicina a un solenne San Pietro, dall'altro lato si riconosce San Giovanni Battista che mostra a Cristo il segno del suo martirio e San Paolo che brandisce una lunga spada.
Nell'abside a sinistra un serto circolare attornia la figura di Cristo che ha, nella mano sinistra, una spada. In basso a destra sono dipinte figure di beati e di reietti, a destra del Cristo Maria Vergine e a sinistra San Giuseppe.
Sotto il catino a sinistra vi è l'immagine di una Santa in abito monacale e di fronte San Martino nell'atto di tagliare a metà il mantello da donare al mendicante.
Nella parte bassa dell'abside maggiore partendo da sinistra sono stati affrescati, in epoche diverse, San Francesco d'Assisi privo della parte inferiore del corpo per far posto ad un altro Santo dipinto nel 1494 che tiene nella mano destra un libro e in quella sinistra un giglio fiorito. E' poi la volta di due Angeli Tutelari che sollevano il velo che coronava l'antico tabernacolo incassato nel muro.
Nella parte destra si riconoscono San Pancrazio che impugna l'asta slanciata di un vessillo con croce rosseggiante, San Giovanni Battista con un vestito di peli di cammello e la Vergine Lattante. A sinistra della Madonna si possono ammirare Sant'Andrea, San Leonardo e San Sigismondo, re dei Burgundi al quale è dedicata la basilica. L'illustre personaggio siede su un trono di raffinata fattura di gusto tardo gotico. Il capo è cinto da una corona di gigli secondo l'usanza gallica. La parte centrale è occupata dall'Ultima Cena databile alla fine del XIII secolo.
L'affresco è stato eseguito con due tecniche diverse: a malta fresca in alto e a calce spenta e polveri in basso. Quest'ultima parte che rappresentava i tavoli, le vivande e il vasellame è praticamente scomparsa. Il momento rappresentato è quello in cui Gesù rivela ai discepoli il tradimento di Giuda che è l'unico a non avere l'aureola. L'annuncio sembra non essere arrivato a tutti i commensali tanto che alcuni di essi, gli ultimi due a destra di chi guarda, per esempio, continuano a dialogare quasi non avessero ascoltato la drammaticità delle parole del Cristo.
Terminati i lavori di restauro, nel 1903, il pittore Rusca ricevette l'incarico di affrescare le pareti e l'abside maggiore realizzando una sintesi della storia della Chiesa.
L'Antico Testamento è rappresentato dai quattro profeti maggiori: Daniele, Ezechiele, Isaia e Geremia. Sopra il presbiterio le volte rappresentano due grandi velari bizantini. Qui sono dipinti i quattro arcangeli Michele, Uriele, Raffaele e Gabriele.
L'opera di Cristo è raffigurata dai simboli degli Evangelisti. La storia della Chiesa è raccontata attraverso le figure dei quattro dottori maggiori nell'abside maggiore tra una finestra e l'altra: Sant'Ambrogio, San Gregorio, San Girolamo e Sant'Agostino. Ci sono poi San Lucio II che tiene in mano la Bolla nella quale si confermano alla Basilica di Rivolta i privilegi concessi dai suoi antecessori e San Galdino.
Nel catino dell'abside decorata a finto mosaico la Chiesa Trionfante è rappresentata dalla Vergine Incoronata da Cristo e fiancheggiata dai Santi Sigismondo e Alberto Quadrelli, nativo e patrono di Rivolta d'Adda.
Nel portale centrale sono autentiche le sculture dell'arco e la traversa della lunetta con il Redentore così come le due parti di pilastro, capitello compreso, che appoggiano contro la porta. Il pronao, costruito nel 1906 ancora oggi ne ombreggia e difende l'entrata anche se non tutti ne giustificano la legittimità sul piano artistico. La cifra necessaria per eseguire l'opera venne messa a disposizione dal conte Paolo Celesia in memoria del padre defunto. Sui due lati la basilica presenta dei contrafforti che fanno pensare più a una struttura militaresca che l fianco di un edificio sacro.
Ciò che più attira il visitatore, all'esterno della chiesa, è l'abside maggiore. Le finestre strombate, gli archetti pensili, il tetto a ventaglio creano un alternarsi di linee chiare e di solchi oscuri e grigi. Verso l'alto la semicircolarità della costruzione è coronata dall'agile disegno della loggetta fino al ricamo conclusivo degli archetti pensili bordati da un'elegante dentellatura. L'architetto Cesare Nava ha restaurato le cinque finestre dell'abside maggiore: le tre centrali possono essere state parte della chiesa originale per la loro forma stretta e le sommità arcuate, le due esterne furono aperte ex novo o allargate a una forma rettangolare più tardi.
Così è stato anche per la loggetta aggiunta dopo il secolo XII a spese della parte più bassa del catino dell'abside. Comunque stiano le cose la realtà e che qui siamo di fronte a un'abside di rara bellezza che, insieme agli altri elementi sopra descritti, rendono la basilica di Rivolta d'Adda un monumento tra i più straordinari dell'arte romanica lombarda.